
C’è una vecchia foto nell’album di famiglia, una foto in bianco e nero
ormai sbiadita dal tempo, che ritrae un signore di mezza età (mio padre)
con in mano un bastone di legno intento a fissare con gesto acrobatico,
sulla porta di un campo sportivo, la rete nei ganci della traversa.
Questa operazione, come qualcuno ricorderà, avveniva prima di ogni gara
che avesse luogo sul vecchio terreno del Rigamonti1 di Muro Lucano.
Il campo sportivo, essendo incustodito (era privo di recinzione e di
spogliatoi ) per essere idoneo alla gara costringeva prima di ogni
competizione casalinga, oltre al posizionamento delle reti sulle porte,
anche a delimitare e tracciare con la calcina le linee del terreno di giuoco.
Quella foto è emblematica perché racchiude in uno scatto tutto un
periodo, una fase direi pionieristica del calcio a Muro Lucano.
Quando, privi di un impianto sportivo degno di tale nome e con pochi
mezzi a disposizione, “il Presidente” con testardaggine ma soprattutto
con la passione e l’amore verso il calcio e il suo paese, riuscì con
immensi sacrifici a portare avanti una squadra di calcio e un sogno.
Quell' immagine testimonia quanto grande sia stata ed è da parte di mio
padre la passione e l’amore per lo sport ma soprattutto per il calcio. Una
passione che va al di là della pura pratica agonistica, vissuta
costantemente e senza retorica, in sintonia con i valori di lealtà e
moralità sportiva, che come lui tiene sempre a rimarcare, vengono prima
di qualsiasi vittoria.
Antonio Autunno è nato il 22/02/1923 a Muro Lucano, figlio di Giuseppe
Autunno e Angela Rondinone è il primogenito di cinque figli. Lasciati gli
obblighi scolastici, come spesso accadeva in quel periodo per metodica
sociale ma soprattutto per necessità, entra subito nel mondo produttivo
prima come apprendista calzolaio ed in seguito, ancora giovanissimo,
come titolare di un’attività commerciale in proprio.
Questo comunque non gli ha impedito di dedicarsi alla pratica sportiva e
seppure in un piccolo centro del sud lontano dai grandi circuiti sportivi
importanti, fin da ragazzo ha sempre mostrato attitudine e passione per lo
sport praticando in gioventù oltre al calcio, atletica leggera e pugilato.
Ma la sua vera passione è stata e sarà il calcio, quello con la lettera
Cartellino della F.I.G.C. (st. sp. 1938/39)
maiuscola, quello che richiede competenza e sacrificio.
Infatti appena diciassettenne è già un tesserato F.I.G.C. con la squadra
locale ( Unione Sportiva Murese) impegnato nei campionati di Lega
Dilettanti Regionali nel ruolo di terzino destro.
Siamo nel 19392 e con lui in squadra ricordiamo in ordine , così come li
vediamo in questa storica foto: da sin. Antonio Autunno, Biancospino,
Vittorio Altamura, Francesco Bruno, Francesco Perillo, Giovanni Petilli,
Setaro, Pasquale Lordi, Giovanni Faruolo, Gigino Pagliuca.
Questa è la prima vera compagine di cui si ha memoria del calcio a Muro
Lucano, così come ricorda mio padre, unico testimone vivente di quella
fase calcistica antesignana tra i due conflitti mondiali.
Tanti sono i ricordi e gli aneddoti di quel periodo e per ognuno di loro ha
una storia o un episodio da raccontare. Uno in particolar modo mi ha
colpito ed emozionato, anche perché di quella tragedia che si consumò
sotto la galleria di Balvano si è purtroppo persa la memoria e in cui trovò
la morte uno dei suoi più cari amici e compagno di squadra Giovanni
Faruolo, giovanissimo di anni 22(nella foto il penultimo da sinistra).
Era il 1944, nel finire della seconda guerra mondiale, quando la notte tra
il 2 e il 3 Marzo , tra Balvano e Bella Muro, si consumerà la più grave
sciagura ferroviaria avvenuta in Italia e una delle più gravi verificatesi al
mondo. Il treno 8017 così denominato, proveniente da Napoli per
Potenza, giunto nei pressi della “Galleria delle Armi” ( quella prima della
stazione di Bella Muro ) si bloccò per il troppo carico umano e di merci.
Il convoglio composto da 47 vagoni per la maggior parte da carri per il
trasporto delle merci, non riuscì a superare quel punto caratterizzato da
una forte pendenza . Le ruote delle locomotive incominciarono a slittare
sui binari e a nulla valsero i tentativi dei macchinisti per far proseguire il
convoglio. Il treno si bloccò proprio nel mezzo della galleria riempiendo
la stessa e i convogli di fumo che usciva dalle vecchie locomotive
alimentate a carbone.
E così l’ossigeno ben presto venne a mancare sostituito dal monossido di
carbonio, la maggior parte dei passeggeri fu colta nel sonno e perse la
vita in completo silenzio. Tra questi il compagno di squadra Giovanni
Faruolo; si salvarono solo gli occupanti dei due ultimi vagoni che
rimasero fuori la galleria. Alla fine si contarono 517 morti (come risultò
dal verbale del Consiglio dei Ministri), ma non si è mai riusciti a stabilire
il numero esatto delle vittime di quella tragedia in quanto la maggior
parte degli occupanti era composta da viaggiatori abusivi saliti durante le
innumerevoli fermate alle stazioni.
Ed è proprio con questi suoi racconti che la storia si fa viva, quando nelle
giornate estive al fresco, sotto il pergolato della casa di campagna in
contrada Acquaviva, “interrogato e spronato” dai suoi nipoti, “il
Presidente” racconta (davanti a un buon bicchiere di Aglianico), con
trasporto e lucidità con la stessa passione con cui li ha vissuti, quei
periodi che nella sua narrazione assumono un significato fantastico. Ed è
veramente emozionante ascoltare il suo racconto che ci riporta indietro
nel tempo, in un mondo che non c’è più. Storie di un paese che oggi è
profondamente cambiato e che portano indietro rapidamente i fogli del
calendario di circa 70 anni, risvegliando emozioni di un passato che
sembra non essere mai esistito. Quando il campo sportivo sempre
nell’area attuale in località Pascone, sembrava più un campo appena
liberato da tuberi che un terreno di giuoco. Lo stesso, lasciato al libero
pascolo delle pecore e delle caprette risultava nel giorno della gara ben
concimato biologicamente da escrementi di natura ovina.
Gli allenamenti, se così possiamo chiamarli, quando avvenivano si
concentravano al mattino presto, prima di andare al lavoro e venivano
svolti con tenute da gioco e metodi approssimativi . Il pallone ( nel senso
che era l’unico pallone a disposizione), bisognava fare attenzione a non
calciarlo fuori dal rettangolo di giuoco perché poteva finire, come spesso
accadeva, nel fondo del fiumiciattolo che scorreva un tempo a valle del
campo, e in quel caso i tempi del recupero erano interminabili. Senza
contare che il pallone di cuoio, essendo sempre lo stesso, dopo ogni gara
aveva bisogno di qualche rattoppo che mio padre riusciva sempre a
rimediare , rimettendolo a nuovo così da renderlo giocabile per la partita
successiva.
Ma il racconto si fa ancora più appassionato e pieno di orgoglio nel
descrivere in tutti i suoi particolari le divise di questa pionieristica
compagine, perché quello che distingueva l’appartenenza alla squadra
erano le maglie (che almeno nelle gare ufficiali) dovevano essere tutte
uguali. Le divise con i colori bianco-rosso, avevano le maglie rosse con la
banda orizzontale bianca, polsini e colletto con laccetto bianco,
calzoncini bianchi e calzettoni rossi con risvolto bianco. Le scarpe da
giuoco poi, erano in pochi che potevano permettersele: consistevano in vecchi
scarponi adattati, con toppe e cuciture varie. E siccome molti genitori non
volevano che i figli giocassero al calcio, i ragazzi dovevano farlo di nascosto e
anche lui all’insaputa del padre e del suo “mastro”3 nascondeva la sera prima della
gara, “la sacca” con gli indumenti e le scarpe fuori dal cancello della bottega
dove lavorava.
In Basilicata nella metà degli anni trenta si registrano i primi tentativi di
organizzazione del calcio regionale, viene nominato a capo del Direttorio della zona
XV, (così come era denominato il nostro attuale Comitato Regionale della
F.I.G.C. ) il Dott. Salerno.
Tra la metà degli anni trenta fino al 1943 l’attività calcistica in Italia era
suddivisa in soli 5 livelli: i primi 2 (serie A e B) livelli nazionali, il terzo
(Prima Divisione) Interregionale, i due restanti livelli (Seconda e Terza
Divisione) erano i livelli regionali.
La nostra regione in questo quadro, nonostante le buone intenzioni e
l’impegno profuso dal Presidente Salerno, non riuscirà in breve tempo a
dare un assetto operativo al comitato ed organizzare veri e propri
campionati regionali. Purtroppo le difficoltà economiche e la mancanza
di terreni di giuoco erano da ostacolo a qualsiasi iniziativa . E così si
continuerà per alcuni anni a disputare solamente gare amichevoli tra i vari
centri della regione.
Al Dott. Salerno succederà nel 1938 il Presidente Michele Trombone che
come sua prima iniziativa, per dare finalmente un segnale concreto,
indice un torneo alla memoria di Alfredo Viviani ( morto
prematuramente l’anno precedente, 7/12/1937)4. Prenderanno parte al
torneo 6 squadre: Matera, Melfi, Moliterno, U.S. Murese, Venosa e
Potenza che si aggiudicherà il titolo. Questa sarà ufficialmente la prima
manifestazione di squadre dilettantistiche che si disputerà in regione e
anche l’ultima manifestazione calcistica che si disputerà prima del
conflitto mondiale.
Purtroppo gli anni ‘40 , come nel resto d’Italia, anche per Muro Lucano
costituirono una parentesi dolorosa infatti le vicende belliche avevano
costretto tanti giovani a partire per il fronte. Questo determinò un
rallentamento in tutte le attività sociali ed economiche del paese con gravi
ripercussioni nelle già disagiate famiglie. Il tributo di sofferenza e di
sacrifici che i muresi dovettero sostenere fu significativo e una volta
terminata la guerra, molti giovani non fecero più ritorno a casa in quanto
morti e dispersi soprattutto sul fronte Russo. E qui il racconto di mio
padre si vela di malinconia e tristezza ricordando quei terribili anni in cui
lui stesso scampò a quell’evento solo perché ebbe la fortuna di ritornare a
Muro in licenza matrimoniale. Una volta rientrato nel suo reggimento
non trovò più nessuno dei sui commilitoni, in quanto erano tutti partiti
per la campagna di Russia. Terminata la guerra lui, come gli altri reduci
tornati a casa, dovette affrontare i problemi quotidiani e rimboccarsi le
maniche per riprendere quella vita e quelle attività produttive che la
guerra aveva interrotto.
Il dopoguerra segnò profondamente la realtà cittadina come del resto
nella nazione ed evidenti furono i segnali di disgregazione politica e
sociale ma soprattutto economica.5 E pertanto i giovani, con ben altri
impegni e preoccupazioni, non avevano il tempo da dedicare alle attività
sportive. Nel frattempo viene nominato a commissario della Lega
regionale Lucana l’avv. Umberto Di Pasca che, con il segretario Agostino
Telesca, darà un notevole impulso in questi anni al calcio lucano.
Negli anni cinquanta a Muro non esiste una vera e strutturata Società
Sportiva, il calcio veniva lasciato alle iniziative dei singoli e come negli
altri centri della regione si disputano più che altro incontri e tornei senza
l’egida della lega regionale. Il Cav. Di Pasca si trova di fronte una realtà
sportiva penosa e pertanto si impegnerà in tutti i modi per dare vigore e
incrementare le affiliazioni delle squadre intraprendendo tutte quelle
iniziative atte a poter disputare i primi campionati di Prima e Seconda
divisione regionale. Tra queste anche il Muro Lucano prenderà parte al
primo campionato della Lega Regionale Lucana che avrà ufficialmente il
via il 26 Marzo del 1950. Il campionato era diviso in 7 mini gironi
formate da 3 o 4 squadre e il Muro viene inserito nel girone B insieme al
Pescopagano e alla Fiamma Melfi. Il Muro Lucano (così era denominata
la squadra cittadina) si aggiudicherà il suo girone e verrà inserito l’anno
successivo (Stagione Sportiva 1950/51) nel girone A di Prima Divisione
Lucana insieme a Lavello, Juventina Potenza, Fiamma Melfi, Fortunato
Rionero, Pescopagano, Avigliano e Venusia . Purtroppo Muro Lucano non
terminerà il campionato e si ritirerà a metà torneo a causa delle difficoltà
organizzative ed economiche incontrate durante le prime gare.
Vari sono comunque i giovani che si metteranno in luce in questi anni ’50
e che saranno elogiati per il loro impegno, ricordiamo i vari: Cenzino
Botta, Giovanni Melucci, Agostino Lapenna, Giuseppe Faruolo, Carmelo
Parisi, che insieme a Gigantini, Avallone, Picarello, Severini, Galante e
Altobello si faranno apprezzare sia dagli sportivi locali che da quelli dei
comuni limitrofi, per le loro qualità tecniche e umane.
In questi anni purtroppo, con l’Italia uscita dalla guerra con mille
problemi, per Muro e la Basilicata in generale rispetto ad altre aree del
Paese, le condizioni economiche e sociali frenano qualsiasi attività
compreso lo sport che è lasciato in subordine e visto “dai ben pensanti”
solo come una perdita di tempo. Ma noi sappiamo bene come lo sport sia
una scuola di vita; e il calcio, che è sport di squadra, funzioni come una
sorta di legame che fa crescere i giovani portando benefici sia morali che
fisici. Il calcio a Muro Lucano è stato in passato, quel collante che univa
la gente al di là delle divisioni ideologiche o professionali e che portava
tutti la domenica a sostenere i propri colori e a gridare “Forza Muro”.
Gli anni '60 sono contraddistinti dalla ripresa economica e da una grande
voglia di riscatto in tutti gli ambiti. La società italiana conosce in questi anni un netto
cambiamento rispetto al passato: nel modo di produrre e di consumare, di
pensare e di sognare, di vivere il presente e quindi di progettare il futuro.
Nonostante il fenomeno si riferisca a un evento principalmente economico, esso ebbe
una forte ripercussione sulla vita degli Italiani che in pochi anni cambiò
radicalmente e portò nel nostro Paese un livello di progresso e benessere
mai conosciuto negli anni precedenti. Ed è pertanto una logica
conseguenza il fatto che quando il progresso e lo status sociale di una
nazione crescono, le ripercussioni positive si manifestino in tutti gli
ambiti e questo ritrovato entusiasmo si riveli anche nello sport. Le
Olimpiadi di Roma del 1960 sono una conseguenza diretta di questo
trend positivo ed è un avvenimento memorabile e indimenticabile per lo
sport nazionale. Con franchezza e con il giusto orgoglio possiamo però
affermare, che anche per Muro Lucano la XVII Olimpiade dell’era
moderna ha significato un momento di vanto e di grande entusiasmo.
Siamo nell’Agosto del ’60 quando, nei primi giorni del mese, la notizia
che la fiaccola olimpica doveva passare per Muro fu ufficiale. Ricordo
ancora oggi come quella notizia fu trasmessa dal telegiornale, l’unico
telegiornale di allora delle ore 20,30 dell’unico canale RAI dell’epoca. Il
commentatore nel tracciare il programma del passaggio dei tedofori,
pronunciò il nome di Muro Lucano, indicandolo come una tappa del
percorso di avvicinamento a Roma della fiamma olimpica.
Mio padre non stava più nella pelle al pensiero di
quell’avvenimento e volle subito dare la notizia a tutti, parenti, amici e
conoscenti, e alla domanda: “ma chi l’ha detto?” rispondeva con la
classica formula: “l’ha detto la televisione”. All’epoca infatti erano pochi
gli apparecchi televisivi installati in paese, noi eravamo tra quei fortunati
ad avere, già da qualche anno, il televisore in casa.
I giorni che seguirono furono vissuti con grande animazione da parte
della comunità in vista del grande evento. La fiaccola olimpica partita
dal Monte Olimpo il 12 Agosto 19606, imbarcatasi al Pireo sull’Amerigo
Vespucci sbarca a Siracusa e da lì proseguendo il viaggio, sempre portata
dai tedofori, risale le antiche contrade della Magna Grecia per passare per
le strade di Muro davanti alle nostre abitazioni.
A Muro Lucano i tedofori provenienti dalla Via Appia dovevano
percorrere Via Guglielmo Marconi e attraversando P.zza San Marco
proseguivano per Via San Francesco e continuando a salire, lambendo
P.zza Don Minzoni, proseguivano per Via Trinità per raggiungere prima
P.zza Matteotti e poi P.zza Enzo Petraccone per poi riprendere di nuovo la
Via Appia verso Roma. L’attesa era palpitante e ricordo come mio fratello
Pinuccio, lui più grande di me, sentisse particolarmente l’evento.
Mio fratello infatti aveva appena compiuto sedici anni ed era già
protagonista in ambito sportivo. In possesso di ottime potenzialità
atletiche era già in prima squadra nel ruolo di portiere con il Baragiano
Calcio, dove si era messo in evidenza per le sue eccellenti qualità, tanto
da impressionare positivamente tecnici e critici, come risulta dalle
cronache giornalistiche di quel periodo. Ricordo benissimo come
in casa non si faceva altro che parlare dell' Olimpiade, eravamo
tutti coinvolti grandi e piccoli, ma furono le donne di casa: mia madre,
mia nonna Antonia e mia zia Peppina, a prendere la cosa molto
seriamente e, trascinando con il loro entusiasmo le altre signore del
vicinato, si organizzarono per addobbare a festa tutta la strada dove
abitavamo e dove ancora oggi abitano i miei genitori: Via Trinità.
I giorni passarono veloci e si arrivò così al 22 Agosto 1960 il giorno in
cui doveva transitare la fiaccola olimpica, era tutto pronto, Via Trinità era
bellissima, poi agli occhi di un bambino si sa sembrava ancora più bella,
c’erano bandiere e festoni su ogni finestra, palloncini colorati e
coriandoli, si era scatenata una vera e propria gara tra le amiche di mia
madre per rendere la finestra o il balcone più bello di quello vicino e
l’effetto risultava veramente scenografico. L’entusiasmo fu tale che
nell’eccitazione generale si riuscì a convincere il tedoforo che doveva
ricevere il cambio, ad accendere per noi ( perché restasse di questo
giorno un ricordo)7, un piccolo braciere con della carbonella collocato
alla fine della salita di Via Trinità su P.zza Matteotti, dove era previsto il
cambio.
Cosa che, nonostante non autorizzata ufficialmente dalla procedura e dal
rigido protocollo delle olimpiadi, fu comunque accolto con grande umanità
dall’organizzazione e dai componenti del C.I.O.
L’episodio fu immortalato dai numerosi fotoreporter al seguito e inserito
nel film ufficiale della XVII Olimpiade e che ancora oggi è ricordato
come uno dei momenti più toccanti di quella Grande Olimpiade del '60.
Per noi come per tanti ragazzi del sud l’Olimpiade è stata solo un
momento, il passaggio di un corridore e i giorni che seguirono furono
vissuti con quel ricordo che, anche se marginalmente, ci aveva reso
protagonisti. Seguimmo le gare trasmesse dalla R.A.I. sul televisore di
casa con grande trasporto emotivo e la sala da pranzo dove era posta la
TV diventava in quelle occasioni un piccolo stadio. La casa era sempre
aperta a tutti e tanti erano gli amici che condividevano con noi quei
momenti, ricordo come in alcuni giorni non bastassero le sedie per tutti e
si doveva sopperire a delle lunghe tavole di legno che, poggiate su due
sedie da una parte all’altra della stanza, consentissero più ampie
disponibilità di posti.
Ed è in questo contesto, che mio padre sentì il bisogno di impegnarsi
nel suo ambito per creare anche a Muro Lucano un movimento e una società
sportiva che andasse incontro alle esigenze soprattutto dei giovani.
Giovani che in un contesto privo di qualsiasi struttura sportiva e aggregativa
potessero trovare un alternativa allo “struscio” in Via Roma o
al bivacco davanti ai bar cittadini. Ed era proprio di questo che mio padre
si rammaricava, vedendo la mancanza di iniziative a loro favore e nello
stesso tempo l’assenza di qualsiasi progetto e impegno soprattutto da
parte degli amministratori locali verso questi temi. Lo sport, lo sappiamo,
è sempre stato un elemento centrale nella crescita civile e culturale di una
comunità. E’ con lo sport che si affermano e si educano i giovani alla
sana competizione, basata sui valori di lealtà e rispetto delle regole, dove
lo sport aiuta a socializzare e nello stesso tempo a sviluppare
nell‘individuo il senso di appartenenza ad un gruppo. Ciò che spinse mio
padre, nell’idea e nella costruzione di una squadra di calcio e
contestualmente della società sportiva, era quello di coinvolgere proprio
i giovani come i veri protagonisti in campo e nello stesso tempo tifosi e
spettatori intorno ad essa. Come d’altronde in tutti i piccoli centri, il
calcio è sempre stato l’unico movimento veramente efficace di
aggregazione in cui la gente ricerca nella squadra cittadina quel
sentimento di orgoglio e unità.
Ma per fare questo servono oltre all’impegno ed alle iniziative mezzi e
strutture adeguate, queste ultime infatti, agli inizi degli anni 60 erano
completamente assenti a Muro Lucano. L’unico impianto (se così si può
chiamare ) era il campo sportivo del “Pascone”, che era rimasto come
negli anni ‘30, un semplice spazio aperto senza recinzione e spogliatoi
con due porte fatte con pali sormontate da sbarre di legno prive di reti. Ed
è con questa realtà che Antonio Autunno si è dovuto confrontare ed
iniziare quel lungo processo che poi ha portato la Murese tra le più
importanti e blasonate rappresentative del calcio in Basilicata fino a
raggiungere il campionato di Eccellenza ad un soffio dalla serie D.
L’idea di una società sportiva intanto andava avanti e prendeva corpo, trovando
l’appoggio in quel gruppo di amici che poi lo affiancheranno nella fase di
fondazione della società. Era un gruppo veramente unito fatto di rapporti semplici,
belli, veri, di persone autentiche, concrete. Tra i dirigenti , che furono
protagonisti in quella fase ricordiamo: il Dott. Basilio Crapulli, Silvio
Poeta, Adelmo Pagliuca, Filippo Margiotta, Domenico Console, Antonio
Forino, Canio Forliano, che sono stati i più vicini a mio padre in questa
bella avventura. E così tra una partita a briscola e una cena conviviale
consumata nel retrobottega del negozio di calzature di mio padre, a base
di agnello e patate arrosto con gli immancabili “mugliatielli”8 prendeva
corpo “Il Gruppo Sportivo Murese”. La Società nasce ufficialmente il 18
Luglio 1961, fondatore Antonio Autunno con la sottoscrizione dell’Atto
costitutivo della Società Sportiva da parte dei soci9.
I soci sottoscrittori erano 127 e si impegnavano a versare lire Mille
all’atto dell’adesione più una quota di lire trecento al mese. Tutte le
riunioni si tenevano nel retrobottega del negozio di calzature al civico 25
di Via San Francesco, sotto P.zza Don Minzoni, che era divenuta di fatto
la sede societaria e dove, nelle serate invernali, si riunivano seduti sui
pacchi delle scarpe lì accantonati; così tra un 37 con tacco a spillo e un
42 a punta larga, si misero le basi del calcio murese.
Il 1 Settembre 1961 viene ufficializzato il Consiglio Direttivo con le
elezioni del Presidente e dei Consiglieri da parte dei soci, viene eletto
Presidente Antonio Autunno, Vice Presidente Dott. Basilio Crapulli,
Consiglieri: Avv. Vincenzo Jasilli, Prof. Adelmo Pagliuca, Antonio
Forino, Silvio Poeta e Canio Forliano.
Grande è l’entusiasmo e la voglia di fare, tanto che il Gruppo Sportivo
Murese nell’idea iniziale si proponeva come soggetto sportivoassociativo
non limitato al solo giuoco del calcio, ma doveva ampliare il
proprio ruolo anche ad altri sport. Infatti era proprio questa la premessa
che ritroviamo leggendo l’Atto Costitutivo del Gruppo Sportivo Murese:
”I sottoscritti, allo scopo di far rivivere le gloriose tradizioni sportive
della loro cittadina, col presente atto e previo versamento della somma di
lire 1.000 ( mille), quale quota di iscrizione, si costituiscono in società, il
cui fine è appunto l’esercizio di attività sportive…”
Ma come si è detto in precedenza per mettere in atto queste iniziative
erano necessarie , oltre all’organizzazione propositiva di una società
sportiva, adeguate strutture ed impianti idonei che a Muro Lucano erano
totalmente assenti. Di questo mio padre ne era consapevole ma la sua
speranza era che una volta istituito ufficialmente un Gruppo Sportivo,
l’Amministrazione Comunale sotto la spinta di questo soggetto
associativo atto allo sviluppo della pratica sportiva, potesse intraprendere
quelle iniziative necessarie per dare anche a Muro Lucano strutture degne
di una cittadina civile che andassero incontro alle legittime richieste della
popolazione ma soprattutto dei giovani.
Purtroppo, nonostante le pressanti richieste e le innumerevoli visite e
contatti che mio padre aveva con gli amministratori comunali, le risposte
e le promesse erano sempre le stesse: “vedremo...”. 10
La mancanza di disponibilità verso questi problemi è purtroppo un fattore
endemico da parte di certi amministratori, soprattutto quando si
affrontano temi che riguardano il sociale, in quanto lo sport ed altre
iniziative di aggregazione cittadine vengono viste, ahimè, solo sotto
l’aspetto ludico e non sotto l’aspetto di socializzazione e formazione
soprattutto per i giovani. D’altra parte è cosa ormai risaputa che lo sport,
come si è detto, ha una grande valenza sociale ed educativa. Sviluppa
nell’individuo oltre allo spirito di competizione il senso di appartenenza
ad un gruppo, in cui si forma una collaborazione fra i vari membri che
imparano a contare sugli altri oltre che su loro stessi, una vera e propria
scuola di vita, ma evidentemente questo per Muro Lucano non era vista
come una necessità.
Nonostante ciò il Presidente va avanti con il suo progetto e come si dice
in gergo: fa buon viso a cattivo gioco, se vuole portare avanti la sua idea
si deve adattare alle risorse che il territorio offre e in quel momento
l’unico modo di poter dare un senso a delle iniziative sportive era poter
sfruttare l’unica palestra disponibile e a portata di tutti, “la strada”. Sì
proprio le nostre strade, fatte di curve e saliscendi continui da togliere il
fiato, un po’ sconnesse ma comunque adatte per praticare quello sport che
in Italia è sempre amato e viene subito dopo il calcio , il Ciclismo. Sport
di fatica e di passione che richiede tanto sacrificio e quando mio padre
propose questa possibilità in molti lo presero per pazzo. Il ciclismo
infatti non era un’attività sportiva molto praticata in Basilicata, siamo nel
1961 e le società ciclistiche in regione si contavano sulle dita di una
mano. La bicicletta non era nella nostra cultura né come sport, né come
mezzo di trasporto, questo è dovuto, forse, soprattutto per la
conformazione del nostro territorio fatto di una rete stradale non proprio
adatta a tutti per utilizzare questo mezzo. Ma nonostante ciò il Presidente
presentò l’iscrizione alla Federazione Ciclistica e nel contempo si mise in
cerca, tra i giovani muresi e quelli dei paesi limitrofi, di ragazzi
disponibili a praticare questo bellissimo ma faticosissimo sport. La sua
tenacia viene comunque premiata, anche se con sole due adesioni la
scommessa è vinta, così per la prima volta, anzi direi l’unica volta, nella
storia di Muro Lucano viene costituita una squadra ciclistica. Purtroppo
erano solo in due: Nicolino Marolda e Gerardo Di Muro, che comunque
con immensi sacrifici si apprestarono a intraprendere un’avventura che
all’inizio poteva sembrare impossibile. I due ragazzi che non erano mai
saliti prima di allora su una bicicletta da corsa, dovettero affrontare
insieme alla Società, come primo impegno sicuramente non trascurabile,
l’acquisto delle bici. Questo fu possibile con il contributo della
Federazione Ciclistica ed in parte del Gruppo Sportivo Murese che
permise così di coprire le spese e di poter avere a disposizione due
fiammanti biciclette da corsa. La curiosità mista allo scetticismo era tanta
da parte dei muresi che, non abituati a vedere sfrecciare sulle strade
cittadine due ragazzi in bicicletta da corsa in divisa ciclistica,
commentavano ironicamente e a volte li schernivano con nomignoli
derivanti dalle loro caratteristiche fisiche.
Ma Nicola e Gerardo con grande spirito di sacrificio, con il giusto
entusiasmo e con passione non si persero d’animo portando sulle spalle
quella maglietta senza sponsor, con la sola scritta Gruppo Sportivo
Murese, continuarono ad allenarsi giornalmente in attesa delle gare che
arrivarono presto e che li videro spesso protagonisti.
I due ragazzi erano caratterialmente e fisicamente diversi: Nicola era
magro e leggero adatto per le salite, mentre Gerardo più robusto con un
fisico più da passista veloce. Per mio padre erano come due figli e li
incoraggiava e li proteggeva da qualsiasi critica e scetticismo
dell’ambiente . Le gare si susseguivano e arrivò la grande occasione,
almeno per uno di loro, infatti mio padre riuscì ad ottenere dalla
Federazione Ciclistica una partecipazione ad uno stage di quaranta giorni
a carattere nazionale da tenersi a Brescia. Era una selezione importante
che vedeva insieme i migliori ciclisti under 18 d’Italia da cui dovevano
emergere i nuovi talenti. La scelta seppur sofferta cadde su Gerardo Di
Muro, e così lui appena diciassettenne che viveva con la famiglia in un
casolare in montagna, aveva per la prima volta la possibilità di uscire da
quella realtà e aprire i suoi orizzonti in ambiti molto diversi dalla routine
quotidiana. Grande era la soddisfazione da parte di mio padre che, come
spesso racconta, dopo tanti sacrifici soprattutto economici, vedeva i suoi
sforzi concretizzarsi.
Trascorsi i quaranta giorni, al ritorno il ragazzo destò subito una buona
impressione, infatti si notò un cambiamento nel suo modo di porsi, nel
modo di parlare e anche se in solo pochi giorni il suo accento murese era
scomparso, non parlava più in dialetto ma sfoggiava un italiano con
marcato accento lombardo - veneto.
Questa trasformazione colpì tutti positivamente e nei racconti entusiastici
che lui fece di quei giorni mostrò tutta la sua soddisfazione di
quell’esperienza raccontando nei minimi particolari le giornate trascorse
ad allenarsi con i compagni e i tecnici, che erano quasi tutti del Nord
Italia.
La soddisfazione fu tanta, gli sportivi muresi già vedevano in lui un
campione, così mio padre informatosi sulle date delle gare in regione
iscrisse i due ragazzi alla prima competizione disponibile. Grande era
l’attesa e la speranza di una vittoria che prepararono la gara con grande
cura, tanto che per Gerardo furono esaudite tutte le sue richieste in
preparazione della gara.
Purtroppo come spesso accade nello sport si passa, in breve tempo
dall’entusiasmo allo sconforto, come d’altra parte avviene anche nella
vita, per raggiungere certi risultati non bastano i buoni propositi e nel
nostro caso è la strada a dire l’ultima parola.
Come quasi sempre accadeva nei giorni delle gare seguivano, da vicino i
ragazzi del nostro Gruppo Sportivo il Presidente Autunno e il Dott.
Pasquale Quaremba. Grande appassionato di ciclismo il Dott. Quaremba
non faceva mancare il suo appoggio ed era sempre disponibile con la sua
bellissima Spider Alfa Romeo al seguito dei nostri due corridori. Nel
ricordare quell’episodio mio padre prova ancora un senso di amarezza e
di delusione in quanto tutto l’entusiasmo e le speranze vennero smorzate
in quel giorno dal ritiro dalla corsa di Gerardo Di Muro, proprio lui su cui
si erano riversate tutte le attenzioni e le aspettative di quel progetto. E
vedendolo arrivare al traguardo sul camion dei ritirati ( quello che sta in
coda alla carovana con la scritta “fine corsa”), alla domanda di cosa fosse
successo, Gerardo rispose candidamente in perfetto italiano da “ciclista
navigato”: “non c’è l’ho fatta più e mi sono ritirato. Qui finisce la mia
carriera”. La reazione di mio padre fu istintiva e “paternamente” gli
mollò un “man rovescio”, così come può fare un padre di famiglia nei
confronti di un figlio che non intende ragione, e Gerardo a testa bassa
senza dire una parola chiuse su quel camion la sua avventura e di lì a
poco si chiuse anche quella del ciclismo a Muro Lucano.
Terminata l’esperienza “pedalatoria” tutti gli sforzi si riversarono sul
calcio con l’intento di porre le basi per la formazione di una grande
squadra che riportasse in paese quell’entusiasmo che mancava da troppo
tempo. Per capire e comprendere maggiormente quel periodo e quella
fase di grande ottimismo e impegno reale per la rinata squadra di calcio,
è bene ricordare un episodio che è ancora chiaro nei nostri ricordi.
Quando si manifestò il momento di scegliere i colori sociali e il modello
di divisa da giuoco, la scelta non fu difficile e si optò per le prestigiose
magliette degli anni ’30. Purtroppo in quel momento non vi era la
possibilità di trovare sul mercato quel tipo di divise così particolari e su
proposta del Consiglio Direttivo si decise, anche per risparmiare, di far
realizzare le divise artigianalmente.11 Le maglie, dovevano essere di lana
( di pura lana ) e così per la realizzazione fu incaricata mia madre che, avendo un piccolo laboratorio di maglieria e sartoria, fu “costretta dal Presidente” a confezionare quelle divise.
Ma il compito di mia madre non finiva certo lì, perché alla fine di ogni gara era
sua incombenza lavare a mano (non avendo la lavatrice) e stirare i completi da
gioco e prepararli per la domenica successiva.
Intanto il Presidente Autunno con l’appoggio del Prof. Adelmo Pagliuca si mise alla ricerca di buoni elementi che potessero far parte di una forte e ben organizzata formazione da poter disputare un campionato da protagonisti. Il Prof. Pagliuca
avendo degli ottimi rapporti con società della vicina Campania,
soprattutto con la Nocerina e Battipagliese, riuscì ad ottenere in prestito
per la Murese elementi di alto livello tecnico come il roccioso difensore
Maienza, il funabolico centravanti Fortunato, oltre a Carnaci e Sozio che
davano qualità al gioco. Con loro ricordiamo i nostri ragazzi locali:
Orazio Spinola (cap.), Pinuccio Autunno, Antonio Angelicchio, Giuseppe
Faruolo e Carmine Parisi. Invece dalla Primavera del Potenza Calcio,
che lottava per la promozione in serie B, mio padre ottenne in prestito
due giovanissimi terzini: Rocco Vista e Marino Faggella e un
centrocampista di esperienza, Latorraca. Vista e Faggella erano due
terzini fortissimi che negli anni successivi saranno i punti di forza della
Primavera del Potenza e due validi rincalzi ai vari Nesti, Spanò, Merkuza,
Della Giovanna, Carrera, solo per fare qualche nome, che insieme a
Boninsegna, Bercellino e Aldo Agroppi hanno fatto grande il Potenza
degli anni ’60 e sono rimasti nella storia e nei nostri ricordi come gli anni
più belli e irripetibili del calcio lucano.
Così nella stagione sportiva 1961/62 con una formazione di tale livello, la
Murese disputò un campionato II ctg..esaltante con risultati molto spesso
tennistici e in qualche occasione deridendo gli avversari con virtuosismi
tecnici e di palleggio non comuni che mandavano in estasi i tifosi che
affollavano la collinetta del Pascone e che non lesinavano alla squadra
applausi e cori entusiastici.
Tanto era il calore e l’attenzione verso questa compagine che già si
progettava un futuro degno per una formazione di tale forza, ma
purtroppo come spesso è accaduto in quel periodo e negli anni successivi,
l’entusiasmo e la voglia di fare veniva subito sopito dalla realtà dei fatti.
Infatti l’iscrizione alla categoria superiore non fu possibile in quanto il
campo sportivo, come sappiamo, non presentava i minimi requisiti di
agibilità: mancanza di spogliatoi13 e sufficiente recinzione.
L’amministrazione comunale era latitante e così il Presidente e il
Consiglio Direttivo non poterono che prendere atto di questa situazione.
Non essendoci altra alternativa si dovettero rassegnare a iscrivere , per la
stagione sportiva successiva, la squadra in seconda categoria.
Nonostante fosse ben evidente questa situazione si volle andare
comunque avanti e nel frattempo il Presidente con il Consiglio Direttivo
misero in campo tutte le loro forze per mettere in atto quelle iniziative
atte alla realizzazione di un nuovo campo sportivo. Fu cercata e infine
trovata una nuova area idonea per la realizzazione dell’impianto che
rispettasse alcuni caratteri essenziali. Il primo e il più importante in quel
periodo era la vicinanza al paese in modo che potesse essere raggiunto
facilmente da tutti senza l’utilizzo dei mezzi di trasporto. Questo
problema era molto sentito in quanto, negli anni sessanta, l’automobile
non era ancora molto diffusa nella comunità murese e la distanza
dell’attuale campo sportivo, anche se relativamente breve dal paese,
dissuadeva, soprattutto d’inverno, molti sportivi e simpatizzanti ad
assistere alle gare. La scelta del luogo non fu cosa facile, vista soprattutto
la conformazione del territorio di Muro, ma infine la scelta cadde su un
terreno in località Luchetto di proprietà del Prof. Franco Sacco. Il quale,
essendo socio del Gruppo Sportivo Murese, era disponibile a cederlo ad
un costo minimo. Una volta trovato il sito, sempre su iniziativa della
Società, si passò alla stesura del progetto che avvenne in tempi brevi. La
proposta con i rilievi fu poi presentato agli amministratori locali che, una
volta preso atto della proposta, in realtà non diedero mai inizio a
quell’iter progettuale che tanto impegno lavoro e sacrificio, soprattutto
economico, era costato alla Società Sportiva (vedi foto).
E così terminato il campionato, che rivide la Murese al vertice del suo
girone, ma con l’ennesima delusione nella risoluzione di quei problemi
strutturali che non consentivano di andare avanti, il Presidente Autunno,
consigliato anche dagli altri componenti del Direttivo, non vide altra
soluzione che mollare tutto e sperare che i tempi e il modo di concepire lo
sport in paese maturassero.
E così con la delusione, con un altro boccone amaro da mandare giù (che
purtroppo non sarà l’ultimo), Il Presidente mise nel cassetto quel progetto
che tanto era costato in termini di impegno e di risorse economiche, con
sacrifici a volte anche al di sopra delle reali possibilità. Così privata della
sua creatura al Presidente Autunno non resta che fare da spettatore
gioendo e soffrendo per le prodezze del grande “Potenza Miracolo”. Anni
indimenticabili per gli sportivi e non che vedevano per la prima volta il
Potenza, una squadra lucana, in un campionato nazionale di serie B. E
come non ricordare i protagonisti di quel miracolo: Masiero, Spanò,
Merkuza, Vaini, Nesti, Casati, Carrera, Boninsegna, Bercellino, Rosito e
Canuti. Tifosissimo del Potenza, mio padre non ha mai perso una gara
casalinga dei Rosso-blu e le Domeniche, chiudeva anticipatamente il
negozio ( ricordo a volte “cacciava” letteralmente i clienti che
aspettavano per essere serviti) per raggiungere il Dott. Crapulli che lo
aspettava in macchina con il motore acceso, pronto per partire e con il
quale condivideva la passione per il calcio e per i colori rosso-blu.
Uno dei ricordi di quel periodo più vivo e intenso, mio padre lo racconta
ancora con il groppo in gola. Siamo nella stagione sportiva 1962/63 e il
Potenza si apprestava a disputare il derby con la Salernitana, incontro
decisivo per la promozione in serie B al Vestuti di Salerno.
Era il 28 Aprile del 1963, allo stadio salernitano c’era il pienone quella domenica,
pubblico delle grandi occasioni e in tribuna avevano preso posto, mischiati alla
tifoseria locale, mio padre, il Dott. Crapulli, Antonio Forino, Silvio Poeta e
Domenico Nitto.
La gara si presentò subito intensa, dai toni agonistici accesi e il
Potenza, passato in vantaggio, riusciva ad amministrare il risultato
rintuzzando le sfuriate della compagine Salernitana. Come lui stesso
racconta si era superata la mezz’ora del secondo tempo, precisamente il
32°, quando per un presunto fallo in area potentina non sanzionato
dall’arbitro, si scatenò la furia dei tifosi salernitani che , inferociti,
invasero il campo dello stadio Vestuti.
Nel tentativo di disperdere i tifosi invasori un poliziotto esplose alcuni
colpi di pistola e purtroppo proprio uno di questi proiettili colpì
mortalmente alla tempia destra il quarantottenne Giuseppe Plaitano14 che
stava assistendo alla partita dalla tribuna proprio a pochi metri da mio
padre. Giuseppe Plaitano morì all’istante e mio padre di fronte a quella
scena ed agli incidenti che ne seguirono con scontri tra la polizia e tifosi
salernitani, ebbe un mancamento, e per un attimo come ha sempre
raccontato il Dott. Crapulli, il suo cuore rallentò sensibilmente il battito
normale. Fu proprio il pronto intervento del Dott. Crapulli che, accortosi
della situazione, intervenne prontamente con un massaggio cardiaco ed
evitò così il peggio.
Le conseguenze dello shock lasciarono in lui un forte turbamento tanto da
ripercuotersi nei giorni successivi con uno stato di forte depressione.
Negli anni che seguirono, dal 1964 al 1967, il calcio a Muro Lucano va
in standby e il Gruppo Sportivo Murese cessa la sua attività.
Ma per fortuna la “fame di calcio” nei ragazzi di Muro è sempre viva e
seppure in tornei ed in incontri amichevoli con i comuni limitrofi,
l’attività calcistica in paese non viene a mancare. In questa fase il calcio è
limitato al solo periodo estivo quando, chiuse le scuole, i ragazzi
soprattutto quelli che studiavano fuori, si ritrovavano e si organizzavano
autonomamente in formazioni di buon livello tecnico. E come non
ricordare quelle formazioni e quegli amici, soprattutto Angelo Longo
grande trascinatore dal temperamento vulcanico, sempre pieno di
iniziative riusciva ad organizzare e coinvolgere noi ragazzi in memorabili
gare e tornei con i paesi viciniori (soprattutto con Bella, Pescopagano e
San Fele). Insieme a lui ricordiamo Armando Pepe, Sabino Rotondo,
Antonio Angelicchio, Gerardo Cella, Salvatore Tamburrino, Francesco
Nardiello, Italuccio Cardone, Vincenzo Petilli, Giuseppe Gugliotta e poi
ancora i fratelli Gaetano e Salvatore Bruno. Nel panorama calcistico
murese un discorso a parte va sicuramente fatto per i fratelli Bruno, figli
tra l’atro di Francesco Bruno, compagno di squadra di mio padre che
faceva parte di quella mitica squadra del ‘39. Grandi interpreti del calcio
anni sessanta Gaetano e Salvatore Bruno, anche se limitatamente a poche
apparizioni a livello locale in qualche gara di tornei, sono stati
protagonisti del calcio semiprofessionistico degli anni sessanta. Infatti
Gaetano ha avuto una splendida carriera in serie C nelle file della
Maceratese, compagine che sfiorò la serie B per un solo punto e che vide
Gaetano Bruno (un vero lottatore) con la fascia di capitano; mentre
Salvatore ha militato nelle fila della Recanatese in serie D. Senza
dimenticare il più piccolo dei tre fratelli, Camillo che ha giocato nelle
fila del Gruppo Sportivo Murese nel campionato di Promozione 1980/81.
Passate le vacanze estive però la maggior parte di loro ritornava al
proprio impegno, chi a studiare chi a lavorare fuori dai confini regionali,
e così chi restava in paese eravamo noi ragazzi più piccoli che,
organizzati in squadre di quartiere, ci affrontavamo in accese partite di
calcio nelle piazze cittadine. Molti sono i giovani e le promesse del calcio
Murese emergenti in quegli anni e riguardare quelle foto, ormai
ingiallite, desta in noi una forte emozione. Mentre passano sotto gli occhi
quelle immagini ormai remote non possiamo non ricordare quegli amici e
quei ragazzi di allora che hanno condiviso, chi per una sola gara chi per
interi campionati, quel sogno che è in tutti i ragazzi, partecipare ed essere
protagonisti nello sport più bello del mondo. Giovani di belle speranze
che avevano voglia soprattutto di divertirsi, tanti sono i ricordi e i
momenti lieti passati insieme, sia fuori che dentro i vari campi di calcio, e
un pensiero particolare va a chi non è più tra noi ma che rimarrà sempre
nei nostri ricordi e nel nostro cuore. Lo stimolo a riprendere la strada
interrotta, è dato, guarda caso, proprio da quel gruppo di ragazzini che,
non avendo spazi idonei a disposizione per sfogare la loro voglia di
calcio, non aveva altra alternativa che affrontarsi tra di loro in
interminabili partite nelle piazze cittadine, soprattutto in P.zza Don
Minzoni. Come non ricordare l’ansia e la preoccupazione per l’arrivo
delle Guardie Municipali che nell’esercizio delle loro funzioni erano
inflessibili nel sequestrarci il pallone, l’adorato “super flex” . In quei
momenti la fuga era d’obbligo e un ricordo affettuoso va al Comandante
dei Vigili urbani d’allora Tonino Galante, che con fare paterno, ma
autoritario ci sequestrava il pallone per poi ridarcelo poco dopo a patto
che smettessimo di giocare, ma lui sapeva benissimo che la promessa non
l’avremmo mai mantenuta.
E' da qui che partì la spinta nel ricominciare una nuova fase con i ragazzi
locali, quelli della “Villa Bois”15 . Così sotto l’impulso delle nuove leve,
il solito e indomabile Presidente “Zio Antonio” (così come viene ancora
amabilmente chiamato dai tifosi) non può che riprendere quel sogno che
aveva posto momentaneamente nel cassetto: dare agli sportivi e
soprattutto a noi giovani, quelle opportunità che in altre realtà erano
ormai scontate.
A questo proposito è opportuno citare un articolo dell’epoca apparso sul
quotidiano “Il Tempo” a firma di Filippo Margiotta, il quale come
sportivo e appassionato è stato sempre vicino alla Società e non ha fatto
mai mancare il suo appoggio alla squadra: “…Le promettenti doti
calcistiche di nuovi giovani muresi, curati da Pinuccio Autunno,
inducono ancora una volta pochi appassionati, con in testa il solito
appassionato, infaticabile signor Antonio Autunno, a rifondare Il Gruppo
Sportivo Murese che prenderà parte di nuovo al campionato di Seconda
Categoria…”
Questa nuova fase trova un rinnovato entusiasmo in paese soprattutto in
quella fascia di persone più sensibili che non vede il calcio come un
fastidio, come un qualcosa di inutile, una perdita di tempo da parte di
ragazzi che tirano solo calci ad una palla.
Ad affiancare il Presidente troviamo come Vice, Peppino Zaccardo,
come cassiere il Dott. Ciro Eligiato, come segretario Cristoforo Pacella e
per la parte tecnica, con le funzioni di allenatore, mio fratello Pinuccio.
Lui che aveva appena smesso di giocare al calcio, seppur ancora
giovane, aveva maturato tanta esperienza militando in diverse squadre
nel Baragiano, stagione sportiva 1959/60, successivamente, prima di
passare alla Murese, disputò un anno nel Pescopagano in Promozione ed
infine concluse la sua carriera nel Campagna disputando due campionati
con la squadra salernitana.
Grande è lo sforzo e l’impegno di questi “…volenterosi, che hanno
collaborato alla rinascita della vecchia e gloriosa società calcistica…”,
con enormi sacrifici sapranno ancora una volta riportare la Murese alla
vittoria e al rispetto additata dalle cronache di allora, come squadra
rivelazione dei campionati Lucani per la stagione 1967/68. Tutti grandi
amici che si accollarono enormi sacrifici, ricordiamo il dinamico e
sempre presente Peppino Zaccardo, l’indimenticabile Cristoforo Pacella,
che metteva a disposizione la domenica, per i trasferimenti della squadra,
il furgone che adoperava per la sua attività lavorativa e quando si giocava
in casa utilizzato finanche come “spogliatoio”. Ed infine il Dott. Ciro
Eligiato grande amico di mio padre con cui aveva un rapporto fraterno.
Lo ricordiamo ancora per la sua schiettezza e simpatia e per la sua
signorilità con cui riusciva sempre a sdrammatizzare, ogni qual volta si
fossero verificati dei problemi. In questa fase l’Amministrazione
comunale si adoperò nella sistemazione del campo sportivo, stanziando
dieci milioni per liberare dal terriccio la parte sud-est del terreno di
giuoco interessata da una frana causata da infiltrazioni d’acqua.
Nella formazione della squadra si tenne conto soprattutto dei ragazzi
locali con qualche inserimento di ottimi elementi provenienti da fuori. La
rosa della squadra era composta in maggior parte da quei ragazzini che
giocavano nelle piazze cittadine, scelta voluta proprio da mio padre che,
andando contro lo scetticismo iniziale da parte della tifoseria, riuscì a
formare un gruppo valido che si seppe imporre su tutti i campi vincendo
il campionato e risultando imbattuta a fine stagione. Doveroso ricordare
di quel calcio, fatto di sacrifici e passione in cui si mescola tanta nostalgia
e qualche rimpianto che nella scelta delle divise da gioco, si optò,
soprattutto per risparmiare, di riutilizzare le vecchie maglie di lana del
1961 (rosse con la fascia bianca) fatte da mia madre sei anni prima e da
lei conservate in un cassetto del comò di casa.
Ciò in particolar modo inorgoglì noi ragazzi che così avevamo la
possibilità di indossare quelle gloriose, anche se un po’ infittite maglie ,
che rappresentavano la “ muresità”.
Chi erano questi “calciatori”? Erano giovanissimi, anzi direi, eravamo
ragazzi ancora “adolescenti”. Infatti se andiamo a guardare l’età media ,
vediamo che incredibilmente e penso raramente nel calcio, si sia mai
(1967)Dal quotidiano il Tempo
raggiunta un’età così bassa nei campionati di lega dilettante. La rosa
comprendeva oltre al sottoscritto (portiere anni 16), Mimmo Zaccardo
(difensore anni 17), Pasquale Barile (difensore anni 15), Gerardo Faruolo
(difensore anni 15), Mario Cella (mediano anni 15),Giuseppe Galante
(attaccante anni15), Giuseppe Giuseffi (centrocampista anni16),
Salvatore Rotondo (attaccante anni 15), Domenico Pacella (difensore
anni 16), Carmine Basileo (attaccante anni 18), Ninì Gentile (mediano
anni 14), Gigino Altieri (attaccante anni 18), Antonio Di Lello
(centrocampista anni 18), Franco Porciello il capitano (difensore anni 20)
Armando Pepe (attaccante anni 20), Lello Ricotta (attaccante anni 19),
Ferrone (attaccante anni 15), Masi (centrocampista anni 18), Franco
Funaro (difensore anni 21), La Villetta (centrocampista anni 17), Matone
(mediano anni 21). Eravamo un gruppo compatto pieno di entusiasmo e
con tanta, tanta passione che la estrinsecavamo in campo ogni domenica
dal primo all’ultimo minuto di giuoco, senza mollare mai. Il nostro era un
giuoco semplice, scarno ma efficace, senza tanti tatticismi, non
esistevano all’epoca schemi come gli “alberi di natale” o i famigerati “4-
4-2” o i “4-3-3” e via dicendo. Si giocava in difesa con i classici due
terzini davanti al portiere con il libero e lo stopper e si marcava
rigorosamente a uomo; a centro campo il mediano di spinta e i due
centrocampisti e davanti le due ali con il centravanti. Ci si allenava poco
anzi direi raramente, perché lo studio e il lavoro non ci dava la possibilità
di poter dedicare tanto tempo al calcio, ma soprattutto era la dislocazione
del campo sportivo che non permetteva, vista la distanza, di essere
raggiunto facilmente senza che qualcuno ci accompagnasse e poi venisse
a riprenderci. L’auto non era ancora così diffusa in paese e per spostarci
utilizzavamo l’autostop o l’autobus di linea . Mio padre metteva a
disposizione la sua macchina (una Viotti 1100 familiare) con cui spesso
riusciva a trasportare l’intera squadra, ma doveva cercare sempre un
patentato disponibile per accompagnarci, in quanto lui non possedeva e
non ha mai voluto prendere la patente di guida.
Senza esagerare direi che questa era una squadra unica nel suo genere,
forte e spregiudicata nello stesso tempo, pensare che la maggior parte di
noi non aveva mai preso parte ad un campionato ufficiale, avevamo
sempre giocato per strada e qualche partita amichevole d’estate prima che
iniziasse il campionato, ma non più di tre o quattro gare . Ricordo ancora
le prime partite, quando a cospetto dell’arbitro nell’atto del
riconoscimento, risultavamo impacciati e timorosi nel presentarci e
dichiarare il nostro nome.
Ma questo primo impatto con una competizione ufficiale si rivelò presto
non di ostacolo ma di sprono e la squadra migliorò di domenica in
domenica. Così scriveva Filippo Margiotta sul Tempo in un articolo
intitolato L’ATTACCO RAFFICA DEL MURO LUCANO: “Risultati da
pallottoliere nel campionato regionale di seconda categoria: Muro-
Avigliano 8-1, Muro-Piertragalla 4-1, Maschito-Muro 0-4; questo il
biglietto da visita con cui la compagine di Muro Lucano è balzata
prepotentemente in testa alla classifica (media inglese) del suo girone,
sette partite 12 punti.16
Continuando a rileggere gli articoli di allora mi sembra giusto rimarcare i
tanti apprezzamenti nei nostri confronti: “E’ una squadra che migliora di
partita in partita, una squadra i cui maggiori pregi sono la buona
condizione atletica, il gioco scarno ma efficace, fatto di passaggi di
prima e lanci in profondità, un gioco che raramente, anche a risultato
acquisito, si perde in leziosismo”. Come non ricordare la difesa arcigna
con Mimmo Zaccardo, Mario Cella e Gerardo Faruolo, sempre ben
guidata dal nostro capitano Franco Porciello, mentre a centrocampo si
distinguevano per la loro classe e geometria nei passaggi Masi e Di Lello
con alle spalle un giovanissimo mediano Ninì Gentile. In attacco con
l’ariete Lello Ricotta spadroneggiavano i nostri bomber, incubo delle
difese avversarie: il fantasioso e scattante Armando Pepe
(soprannominato Le Pezz ) e il goleador per eccellenza Luigino Altieri.
Infatti a Gigino per il suo scatto e il fiuto della rete, fu dato, dalla stampa
sportiva regionale, l’appellativo di Altafini Lucano. A fine campionato,
il nostro Altafini, con le sue 24 reti si aggiudicò la classifica cannonieri
risultando, nei campionati lucani di quella stagione sportiva, il miglior
marcatore.
Il nostro ruolino di marcia era veramente straordinario, impensabile
all’inizio del campionato vista la nostra poca esperienza in questa
competizione, ma una volta acquisito quella consapevolezza delle nostre
possibilità, scendevamo in campo su qualsiasi terreno (soprattutto in
quelli più caldi) da veri leader, cosa che ci permise di vincere il
campionato con 22 punti (34 reti fatte,15 subite) e conquistare la
promozione in Prima Categoria. A riprova di questa impresa, c’è da
precisare che fino alla metà degli anni settanta in Basilicata nei
campionati di L.N.D. dopo il campionato di Seconda Categoria (vedi
tabella) c’era solo quello di Prima, dopo di ché si approdava direttamente
in Serie D. Infatti i campionati di Promozione ed Eccellenza non erano
presenti e pertanto i campionati di Prima e Seconda Categoria erano,
rispetto ad oggi, di due livelli superiore. Le squadre essendo in numero
minore avevano più margini di scelta nella formazione delle rose dei
giocatori che andava sicuramente a vantaggio della qualità tecnica delle
competizioni. A conferma di ciò ricordo quando a fine stagione per
festeggiare la bella vittoria del campionato, venne organizzata al
Rigamonti una partita con il forte Venosa. Squadra che militava in serie
D e che era reduce da un brillante campionato che l’aveva vista
protagonista ai vertici del girone e in cui militavano ex giocatori del Bari
(serie B), come il portiere Mupo. La gara fu giocata a viso aperto e si
concluse alla fine con la vittoria del Venosa per 2 a 0.
Non demeritammo assolutamente anzi, dimostrammo grande
intraprendenza e valore tecnico guadagnandoci l’ammirazione e i
complimenti da parte dei calciatori venosini che a fine gara si vollero
complimentare con noi rimarcando il fatto che eravamo una squadra
giovanissima e con un grande avvenire. Altra soddisfazione si avrà con la
bella vittoria in Agosto, della prestigiosa coppa del “Torneo Calcistico
Estate Bellese”, che metteva di fronte squadre di altissimo livello tecnico.
Ma purtroppo sappiamo tutti come andò a finire, il campo sportivo non
aveva l’agibilità per poter partecipare al campionato di Prima Categoria,
la mancanza degli spogliatoi era un elemento imprescindibile per la
Federazione. Il Presidente Autunno tentò in tutti i modi di convincere il
Presidente della F.I.G.C. Agostino Telesca17, chiedendo in deroga
l’iscrizione al campionato e impegnandosi personalmente a ricercare una
soluzione alternativa in una struttura nelle vicinanze del terreno di gioco
adattabile a spogliatoio. Ma nonostante l’amicizia e la stima che il
Presidente Telesca aveva nei confronti di mio padre con grande
rammarico non poté dare questa autorizzazione.
E così ancora una volta fummo sconfitti, come tiene sempre a ricordare
mio padre, non sul campo ma dal campo. Infatti Il Presidente Autunno
può vantarsi, e a ragione, di come nel suo lungo impegno nell’ambito
calcistico non ha mai subito una retrocessione sul campo, con la sua
Murese. Messo da parte l’entusiasmo e la soddisfazione della bella
vittoria in campionato, con un po’ di amarezza e delusione, ci si
preparava per la stagione sportiva successiva, quando in paese
cominciarono a girare strane voci .
Voci che, con il passare dei giorni, si trasformarono in certezze quando
fu ufficialmente annunciato dall’Amministrazione Comunale18 che il
campo sportivo cittadino doveva essere smantellato e una buona fetta di
esso doveva essere letteralmente tagliato per dar corso ai lavori della
variante alla Strada Statale n.7. Ricordo come mio padre non riusciva a
farsi una ragione di questa decisione presa dal Consiglio Comunale
ritenendo questo l’ennesimo colpo “ai danni dei giovani sportivi e della
cittadinanza tutta, un’altra delle azioni lesive dei loro interessi”. E il
rammarico fu veramente forte in lui, perché nonostante le diverse
promesse fatte in varie sedi, l’Amministrazione Comunale con questa
scelta privava i giovani muresi di quell’unico spazio disponibile in paese,
che se pur malandato, comunque dava la possibilità ai ragazzi di poter
fruire di un luogo dove praticare dello sport.
Questa decisione fu per mio padre mortificante e inaccettabile, lui che si
era battuto da una vita per ottenere un impianto sportivo decente nel
proprio paese, ora in un solo colpo vede svanire quel sogno. Pertanto nel
1969 le attività sportive segnarono il passo, così come scriveva Filippo
Margiotta, in un suo articolo, “ ai muresi non rimane altro che
rimpiangere le prodezze dei suoi ex nelle file delle altre squadre” . Così a
molti di noi non rimase che fare le valigie, in questo caso le borse, e
andare a giocare in altre compagini: Gigino Altieri e Antonio Di Lello nel
Lagopesole, il sottoscritto prima nel Gallitello Potenza del Presidente
Brienza per due anni, poi successivamente nel Lagopesole del Presidente
Bochicchio, mentre Masi e Ricotta passarono al Tricarico.
Il presidente Autunno comunque non si volle arrendere, non riusciva a
mandar giù passivamente la scelta fatta dagli amministratori locali,
doveva comunque fare qualcosa, come cittadino e come sportivo ritenne
doveroso manifestare tutto il suo dissenso verso questa scelta. Anche se
l’impresa sembrava impossibile, non si perse d’animo e mettendo in
campo tutte le sue carte a disposizione, con testardaggine e seppur nei
limiti delle sue possibilità, organizzò una manifestazione da tenersi
il giorno di inizio lavori. Fece stampare dei manifesti e li fece
affiggere in tutto il paese, contestualmente organizzò dei volantinaggi
che si protrassero per diversi giorni.
Nel manifesto con toni forti e incisivi, ma comunque sempre in un
ambito civile e democratico, invitava a manifestare il proprio dissenso
rivolgendosi a tutta la popolazione:“…sportivi, studenti, commercianti,
lavoratori, cittadini muresi, aderite tutti alla manifestazione con la
chiusura di negozi e con il fermo di ogni attività lavorativa. E’ necessario
impedire che venga commessa quest’altra cattiva azione ai danni della
popolazione, per disinteresse o per incapacità da parte di chi ci
amministra”. La manifestazione fu indetta per il 18 di Dicembre del
1970, giorno d’ inizio dei lavori, precisando sempre nel volantino: “che
non si vuole impedire la costruzione della variante alla strada, ma si
vuole che prima della costruzione della variante , venga eseguito
l’allargamento del campo , in modo da renderlo funzionale.”
Così giunto il giorno fatidico il Presidente, alla testa di una trentina di
manifestanti si portò nei pressi del vecchio Ponte della Centrale
Idroelettrica ove i mezzi erano pronti per iniziare i lavori di spianamento.
I manifestanti bloccarono il traffico e al sopraggiungere della ruspa
istintivamente e quasi come a protezione di una sua “creatura”, il
Presidente si parò davanti al mezzo provocando il suo fermo. A quel
punto intervennero i Carabinieri che preventivamente erano lì appostati
già da qualche ora; convinsero mio padre a desistere dal suo gesto
( facendo il dovuto distinguo, la scena ci ricorda un po quella dello
studente di P.zza Tienanmen)19. Fatto allontanare lo sparuto gruppetto, i
lavori presero il via. Così quello che era stato per anni il testimone di
accese battaglie sportive, tanto amato e a volte anche odiato, di lì a poco
diventò un relitto di terreno smembrato che appariva a chi lo aveva a
cuore, un titano ferito. Per contro, come del resto può succedere in questi
casi, oltre il danno la beffa; infatti al Presidente, convocato il giorno dopo
in caserma dai Carabinieri fu notificato a suo carico, una “bella”
denuncia per blocco stradale e interruzione di lavori pubblici.
Ma la cosa che più gli faceva male non era certo quella denuncia, che pur
gli procurò non pochi grattacapi, ma il pensiero che in paese non ci fosse
più il campo sportivo e che questo potesse decretare la fine del calcio
murese.
Passò un anno in cui a Muro Lucano non si parlò più di calcio, e a mio
padre non restò che ritornare da spettatore ad assistere al Viviani le gare
del Potenza Sport Club, che purtroppo dopo anni di grandi prestazioni in
serie B e dopo aver sfiorato la promozione in A da parte di Boninsegna e
compagni, era retrocesso in serie C.
Comunque, anche se poteva sembrava un capitolo chiuso, nei pensieri e
nei discorsi di mio padre rimuginava sempre quell’ idea e quel sogno:
poter dare al paese una squadra, anzi come diceva e come ancora dice
quando racconta di quegli anni: uno squadrone da far tremare gli
avversari.
Lui si sa senza calcio non può vivere tanto meno trascorrere le domeniche
passivamente da spettatore, così coinvolgendo giovani appassionati e
volenterosi dirigenti, con non pochi sacrifici economici e grandi
difficoltà, rifondarono la Murese. Una nuova società con cui si
imbarcarono in una altra avventura che doveva soprattutto servire da
sprono per gli amministratori a dare inizio ai lavori della costruzione del
nuovo impianto sportivo.
Così con Angelo Oliveto, Mario Cannella, Pinuccio Autunno, Angelo
Corrado si ricominciò nella stagione sportiva 1970/71 in terza categoria
vincendo il campionato, nonostante il gravoso disagio di disputare tutte le
gare casalinghe in trasferta .
Intanto dopo anni ed anni di vicissitudini, di patimenti e sacrifici
finalmente il tanto sospirato progetto di un nuovo campo sportivo, per la
soddisfazione di mio padre che tanto si era battuto per questa opera ,
viene approvato dall’Amministrazione Comunale. Di lì a poco iniziarono
i lavori e così anche Muro Lucano avrebbe avuto il suo Stadio: con una
tribuna, una recinzione esterna in muratura, un bel manto erboso e
naturalmente uno spogliatoio. Un piccolo rammarico comunque resterà in
mio padre, l’assenza di una pista di atletica leggera così come nell’idea e
nelle richieste fatte in tutti questi anni e come era previsto nel progetto
proposto negli anni '60 che non andò a buon fine.
Nonostante tutto la soddisfazione è tanta e il sogno sembra farsi realtà,
pertanto con un ritrovato ottimismo si affronterà il campionato 1971/72 di
Seconda Categoria con una rosa di giocatori quasi tutti locali. Ai “vecchi”
Gigino Altieri, Angelo Longo, Mario Cella, Armando Pepe, Ninì Gentile,
Mimmo Zaccardo, Pasquale Autunno, si affiancheranno i giovani
emergenti Domenico Guerra, Giorgio Galante, Gerardo Parrillo, Raffaele
Faruolo, Pasquale Celsalonga, Gerardo Farenga con gli innesti di Desina,
Grossetto(detto Paganini) e Antonio Di Senso.
I lavori del nuovo impianto sportivo vanno avanti, anche se a rilento,
prende forma quello che sarà in seguito la casa della Murese e di tutti
quei ragazzi che vedranno nel compimento di quest’opera la possibilità di
poter soddisfare quel sano e sacrosanto diritto di praticare sport. A riprova
di tutto ciò e a conferma delle tesi sostenute in tutti questi anni dal
presidente Autunno, si avrà anche a Muro Lucano un nuovo interesse
verso la pratica sportiva. Con un impianto decente e degli spazi
accessibili ai cittadini, altri soggetti sportivi si impegneranno e
coinvolgeranno tanti ragazzi alle diverse attività sportive. Ricordiamo
soprattutto altre società, oltre al calcio che sono nate e si sono consolidate
negli anni nel campo dello sport a Muro e in qualche modo legate
all’impianto del Rigamonti, come il Volley, la società Bocciofila, il
Tennis Club e il Calcio a 5.
Intanto siamo nella stagione sportiva 1974/75, quando la società dopo un
anno d’inattività per il gravoso impegno organizzativo ed economico
dovuto alla mancanza del terreno di giuoco, si iscrive di nuovo in terza
categoria. La squadra ormai cresciuta e con la prospettiva del nuovo
impianto sportivo vincerà il suo girone ( giocando sempre in campo
neutro), ed otterrà la promozione in seconda categoria.
Finalmente i lavori del nuovo campo sportivo sono al termine e così la
Murese può disporre di un impianto degno per una cittadina come Muro
Lucano.
Tra gli sportivi si riaccende l’entusiasmo e la voglia di fare le cose
seriamente con il giusto equilibrio e serietà.
Nel 1976 il Consiglio Direttivo si amplia, entrano a farne parte giovani
professionisti locali responsabili e motivati. Al Presidente Antonio
Autunno si affiancheranno Cesare Pucillo (Vice Presidente), Peppino
Indelli (Segretario), Salvatore Pompeo (Cassiere) e i Consiglieri Gigino
Altieri, Giuseppe Autunno, Peppino Zaccardo, Carmine Partini, e
Giuseppe Pagliuca.
La campagna acquisti per la formazione della squadra si rivelò
abbastanza complessa ma alla fine si poté disporre di una rosa di
calciatori ampia e tecnicamente valida. Comprendeva: portieri Amaturo,
Palermo, Carlucci; difensori De Bartolomeis, Quagliata, Sarubbi, Guerra,
Sarcinelli, Cella, Gerbasio; centrocampisti: Passarella, Pace, Cardone,
Faruolo, Salvia; attaccanti: Giosa, Boemio e Sanfrancesco.
La formazione ben guidata dall’ottimo ed esperto Gerardo Passarella20
raggiungerà subito la vetta della classifica del girone A. Al termine della
stagione sportiva 1976/77 la Murese si classificherà al secondo posto
dietro il Vaglio e otterrà così la promozione in Prima Categoria.
Il campionato iniziò con le più rosee aspettative, sembra andare tutto nei
migliori dei modi ma quello che accadrà di lì a poco nessuno poteva
immaginarlo.
Era il 30 Gennaio del 1977 quando sul campo Federale di Potenza si
disputava il Big-match del campionato: Tourist Hotel – Murese, si
giocava per il primo posto in classifica. Siamo nel finale dell’incontro e
precisamente al 35° del secondo tempo quando dopo la realizzazione di
un calcio di rigore assegnato alla squadra potentina, alcuni tifosi della
Murese al seguito della squadra, ebbero la “brillante” idea di scavalcare
la recinzione ed inseguire fin dentro gli spogliatoi l’arbitro, il Sig.
Salerno di Miglionico. Il quale una volta giunto nel suo stanzino si
barricò all’interno, ma non riuscì a contenere la furia dei tifosi che
sfondata la porta lo aggredirono con calci e pugni (così come riportano le
cronache del tempo). Nei tafferugli che seguirono furono tra l’altro
coinvolti anche due Dirigenti della Murese: Cesare Pucillo e Salvatore
Pompeo, che intervenuti per calmare i “focosi muresi” furono loro
malgrado ingiustamente accusati di aver preso parte alla rissa.
Il risultato fu che il Giudice Sportivo una volta esaminato gli atti, punì
pesantemente la Società con una squalifica del campo per ben due anni,
fino al 30 Gennaio del 1979. Fu una delle sentenze più severe adottate dal
Comitato Regionale Lucano e che fortunatamente è rimasto l’unico
episodio deprecabile nella storia calcistica della Murese.
Incredibile, pensare che dopo anni ed anni di vicissitudini e di sacrifici
per ottenere finalmente quel meritato e tanto agognato impianto sportivo
e poter godere delle prodezze della loro squadra, adesso per
l’incoscienza di alcuni, i veri sportivi muresi si vedranno per due anni
privati del loro sogno.
Al Presidente Autunno non resta che prendere atto di questa sentenza, lui
che aveva visto e sperato, dopo anni di estenuanti trasferte e sacrifici, in
quell’impianto sportivo l’opportunità per mettere delle solidi basi ad una
grande squadra, in pochi attimi e per colpa di qualche sconsiderato
vedeva svanire quel progetto. Ma nonostante ciò, dopo un primo
momento di scoramento, il Consiglio Direttivo unito e determinato,
ritenne di non mollare e di continuare, nonostante la dura penalizzazione.
Così la squadra, anche se privata del terreno amico, portò a termine il
campionato giocando sempre in campo neutro, ma nonostante ciò seppe
reagire e concludere il torneo onorevolmente.
Con la prospettiva di ritornare a giocare sul Rigamonti, dopo aver
scontato la pesante squalifica che terminerà il 30 Gennaio del ’79. la
squadra rivitalizzata e trasportata dall’entusiasmo dei tifosi affrontò il
campionato 1978/79 con grande impegno e fu subito protagonista fin
dalle prime gare. Ma i successi sul campo non bastavano e per la Società
e il Presidente quella macchia, che per due anni si erano portati dietro, era
un macigno che andava rimosso in qualche modo.
In quei due anni di “purgatorio” la Murese era andata avanti per la sua
strada con la consapevolezza di aver sbagliato evitando atteggiamenti di
vittimismo. Per rafforzare questo principio la Società per riabilitarsi
davanti all’opinione pubblica chiese e ottenne dalla F.I.G.C. la possibilità
di affrontare in amichevole la rappresentativa regionale di Prima
Categoria. Ma la cosa che più gli fece onore era che questa richiesta era
subordinata al fatto che dovesse essere arbitrata dal Sig. Salerno di
Miglionico.
Sì proprio lui, l’arbitro che tre anni prima era stato oggetto di “particolari
attenzioni” da parte dei tifosi Muresi. Questa iniziativa che non trova
riscontri in altri precedenti specifici ebbe una vasta eco su diversi
quotidiani nazionali tra cui il Corriere dello Sport che così scriveva21:
“Dopo avergliele suonate di santa ragione tre anni fa, ora lo hanno
stretto in un abbraccio fraterno cercando così di cancellare un
terrificante pomeriggio vissuto al campo….Il signor Salerno di
Miglionico si è così ritrovato per un giorno fra i suoi aggressori di un
tempo. Con tanto di fanfara e autorità in prima fila, l’arbitro Salerno ha
ottenuto a Muro accoglienze da favola e per suggellare la ritrovata stima
i dirigenti della società Murese gli hanno pure consegnato una medaglia
d’oro a ricordo di quel brutto pomeriggio trascorso a Potenza.”
Questo episodio è significativo e sta a dimostrare come nello sport ma
soprattutto nella vita, si può anche sbagliare, come è successo in quel
brutto pomeriggio sportivo del 30 Gennaio del 1977, ma quello che è più
importante è riconoscere i propri errori e poter riparare.
Intanto il gruppo unito e rinfrancato affronta il finale di campionato con
ritrovata convinzione, balzata in testa alla classifica e ben guidata dal
mister Sozio seppe mantenere un trend di risultati esaltanti che gli
permise di vincere il campionato di Prima Categoria 1978/79 e transitare
così in quello di Promozione.
Il momento più difficile attraversato dalla squadra fu il pareggio interno
alla terz’ultima di campionato con il Valleverde Potenza che costò
l’allontanamento dell’allenatore Sozio per i contrasti nella gestione
tecnica verificatosi proprio in quella gara con il capitano Gerardo
Passarella. Ma la domenica seguente con la squadra affidata allo stesso
Capitano e con un grande tifo da parte dei sostenitori bianco-rossi, al
Federale di Potenza la Murese si seppe imporre con un netto 2 a 0 sul
Tourist che praticamente diede la promozione alla Murese.
Grande fu la soddisfazione del Presidente e del Consiglio Direttivo che
videro, nonostante i tanti problemi legati alla lunga squalifica del
Rigamonti, il loro impegno concretizzarsi.
“Entusiasmo e fiducia”: ecco il segreto della promozione per la Murese,
così scriveva in un articolo apparso sul Mattino nel Maggio del 1979
Giorgio Mancusi: “Ha conquistato la Promozione allo sprint, su un
irriducibile Edilsport Potenza, facendo leva sull’entusiasmo del suo
pubblico e sulla applicazione costante dei dirigenti. Il girone di ritorno
ha visto la Murese ( così cara ad Antonio Autunno) sempre al comando della
classifica…” Ma chi erano i protagonisti di questa squadra campione?
Sempre in quell’articolo Gerardo Passarella intervistato, parlava così della
squadra: “…in porta ha giocato Barra, sempre in gamba; terzini Quagliata e
Sarcinelli, De Martino e Guerra; stopper e libero i due promettenti ragazzi del
Potenza Mecca e Mannarelli. A centro
campo ben assortito, due cursori Gentile e Saracco e due “pensatori”
Cardone e Passarella. In attacco si sono alternate le punte Boemio ex
Potenza, Esposito, Giosa e Faruolo.
Finalmente la Murese con questa affermazione vide premiata l’impegno e l’abnegazione della
società e del suo Presidente, che nonostante le innumerevoli
traversie, sono riusciti a portare la squadra in un campionato importante e
degno di una piazza esigente e competente come quella di Muro Lucano.
Si parte dunque fiduciosi per una nuova avventura e per nuovi traguardi e
il primo impegno della Società e quello di rinnovare il Consiglio
Direttivo. In data 25 Ottobre 1979 durante l’assemblea dei soci venne
eletto il nuovo Consiglio che risultò composto da: Antonio Autunno,
Basilio Crapulli, Giuseppe Indelli, Consalvo Petraccone, Cesare Pucillo,
Giuseppe Autunno, Salvatore Pompeo, Vincenzo Cerone, Antonio
Crocetto, Felicetto Crocetto, Antonio Barbieri, Gerardo Faruolo, Angelo
Longo, Giuseppe Zaccardo e Nicola Creazzola.
In seguito nella seduta del 10 Novembre, come risulta dal verbale n.6,
l’assemblea dei soci riconferma con 156 voti su 170 votanti, presidente
Antonio Autunno.
Con una società ben strutturata e con il grande entusiasmo che circondava
tutto l’ambiente, la Murese si prefisse l'obiettivo, di disputare un
campionato interlocutorio da centro classifica per poter mettere le basi ad
un progetto ambizioso di squadra per ambire a più alti traguardi. Infatti
chiuse la stagione sportiva 1979/80 con un buon 10° posto in classifica
con la consapevolezza di poter fare meglio.
Il campionato 1980/81 doveva essere il trampolino di lancio per il salto
di qualità della squadra che, dopo un' accurata preparazione estiva, si
apprestava a disputare una stagione sportiva da protagonista. Ma il 1980
come sappiamo è stato un anno terribile per la nostra terra e per le nostre
comunità segnate da quell’immane tragedia che fu il terremoto. Con la
memoria ripercorriamo quel periodo che ha segnato per sempre la vita di
chi come noi lo ha vissuto.
Era una Domenica di Novembre sembrava quasi estate, un’ estate che non
voleva finire, da P.zza Don Minzoni salivano le voci dei bambini che
giocavano e mia nonna entrava ed usciva da casa ripetendo: “non è
normale è troppo caldo, è troppo caldo”. Ci apprestavamo ad iniziare la
cena mentre il televisore di casa era sintonizzato, come in molte altre
abitazioni, sul secondo tempo del derby d’Italia, Juventus – Inter22,
quando alle 19,34 di quell’indimenticabile 23 Novembre tutto il sud Italia
trema. Due scosse sismiche, di 10-11 gradi della scala Mercalli, a
distanza di pochi secondi una dall’altra sconvolsero una grande area
dell’Appennino meridionale tra l’Irpinia e la Basilicata nord-occidentale.
22 Ogni Domenica sera la RAI trasmetteva alle 19,00 in differita, un tempo della
gara più importante della giornata. Per la cronaca: Juventus-Inter terminò col
punteggio di 2-1 per la Juventus. reti di Brady al 50° ®, Scirea al 69° , per l’Inter
Ambu al 79°. Arbitrava Michelotti.
La furia di uno dei terremoti più potenti del secolo causò la morte di
2.989 persone e 8.245 feriti, quasi 300.000 furono i senza tetto.
Il sisma cancellò oltre settanta mila costruzioni in 600 comuni e ne
danneggiò gravemente 250.000.
Il 23 Novembre 1980 è la data che cambiò la vita a migliaia di persone,
novanta secondi e nulla fu più uguale. Così descriveva quei luoghi la
regista di origine lucana, Lina Vertmuller23 in un suo servizio per la RAI,
dopo aver visto in prima persona quell’immane catastrofe: “Quel
disperato, muto, uniforme grigio ammasso di ruine, e mura franate e
povere e irriconoscibili cose, significava fino alle 19,30 di Domenica:
uomini, donne, persone, famiglie, affetti, ricordi, pensieri, illusioni,
tutto spazzato via, cancellato…”
Il terremoto a Muro Lucano è costato 22 vittime e centinaia di feriti, con
danni al patrimonio edilizio per l’80 % .
La gravità della situazione non venne subito compresa, solo giorni dopo
con i sorvoli in elicottero da parte dei soccorritori la vastità della
devastazione divenne evidente. I ritardi nei soccorsi causarono tanta
confusione e disorganizzazione. I soccorsi giunsero nelle zone colpite
solo cinque giorni dopo, tanto da costringere l’allora Ministro
dell’Interno Rognoni a dimettersi.
Non si vuole sicuramente in questo ambito entrare nel merito
dell’argomento che tanto è stato analizzato e dibattuto sulle cause e
sull’approssimazione dei soccorsi, ma sicuramente non dimenticheremo e
non ci stancheremo mai di ringraziare migliaia di volontari che accorsero
da tutta Italia. Uomini e donne che con i propri mezzi giunsero nelle
23 Il padre era un noto avvocato nato a Palazzo San Gervasio (PZ).
zone più impervie del cratere e si prodigarono instancabilmente giorno e
notte per darci il loro aiuto.
Muro Lucano nei giorni che seguirono, dopo i primi momenti di paura e
smarrimento, appariva ai nostri occhi come un gigante ferito e
agonizzante. Il castello imponente, con la cattedrale e l’episcopio che
domina il paese, era da secoli su quello sperone di roccia e testimoniava
con la sua maestosità la storia di Muro Lucano. Ma Sono bastati 90
secondi, perché la nostra serenità con tutte le nostre certezze si
sbriciolasse come le mura di quel maniero. Il paese era in ginocchio, i
muresi avevano nella maggior parte dei casi abbandonato le loro
abitazioni e si erano rifugiati chi in campagna e chi nei centri di raccolta,
dove erano state approntate delle tendopoli. La prima tendopoli e la più
grande, che diede riparo ai muresi nei giorni successivi al sisma, fu
installata proprio sul terreno del campo sportivo Rigamonti.
Su quel terreno e su quell’erba dove i sogni di tanti ragazzi si erano
rincorsi dietro il rotolare di un pallone di cuoio, adesso quel campo di
gioco era diventato e rappresentava il simbolo di una tragedia.
Non si sentivano più le grida e i cori dei tifosi, il gioire per un goal
appena fatto o la delusione per un risultato non raggiunto, tutto sembrava
irreale, assurdo, impensabile fino a qualche giorno prima. Gli spalti vuoti
su quelle tende imbiancate dalla neve davano ancora di più un senso di
smarrimento e di angoscia per chi era abituato a vederli pieni di gente
festante: uomini, donne, bambini, esultanti per una giuocata dei loro
beniamini. Tutto era irreale: le porte, dai pali bianchi, erano ancora lì e si
distinguevano tra quel grigio verde della tendopoli, ma non delimitavano
più le aree delle porte, ma un luogo di ansia e di dolore. Tutto era
racchiuso dalla recinzione messa li per altri scopi ma che adesso limitava
quel terreno da dove ininterrottamente saliva al cielo un filo di fumo
bianco proveniente dalla cucina da campo installata dai militari, che dava
ancora di più una sensazione di forte angoscia per quel che somigliava
più a un campo di concentramento che ad un campo sportivo.
Ovviamente tutte la attività commerciali in paese erano ferme, negozi,
scuole e uffici erano chiusi, inagibili per la maggior parte di esse.
Il disagio era palese il terremoto aveva colpito tutti, tutti avevamo perso
qualcosa e la ripresa non fu facile ma la vita doveva pur continuare.
Con il terremoto tutti i sogni e i progetti delle persone si erano azzerati,
bisognava ricominciare da capo riannodare i fili della speranza e ripartire.
Il calcio, senza retorica, in un territorio così martoriato e afflitto ha
avuto, in quel contesto, un peso non trascurabile, contribuendo sotto certi
aspetti nella ripresa di una quotidianità ritrovata. Il Comitato Lucano
dopo le prime settimane di sospensione dei campionati, fece riprendere le
attività, anche perché la zona più colpita era la nostra, quella nordoccidentale
della regione, mentre il restante territorio aveva subito
relativamente le conseguenze del sisma.
In quella situazione di grande disagio, che purtroppo ogni catastrofe
inevitabilmente porta con sé, in paese regnava un forte distacco e un
disinteresse a forme e sollecitazioni aggregative o culturali.
Il Gruppo Sportivo Murese nonostante ciò trovò la forza e le energie per
continuare il campionato e alla fine con mille disagi e grandi sacrifici da
parte del Presidente, dei dirigenti e dei calciatori , di nuovo senza campo
sportivo, portò a termine il suo impegno giocando sempre in campo
neutro. Questo, secondo il mio modesto parere, è stata e resterà per
sempre una nobile pagina di sport che va al di là della valenza puramente
sportiva. Pagina scritta da quegli uomini e quei protagonisti di allora che
con zelo e grandi sacrifici hanno visto nel giuoco del calcio una delle
poche iniziative di aggregazione. Questo permise, seppur per un paio
d’ore, ai muresi di non pensare a quei terribili momenti e nello stesso
tempo diede una grande prova di riscatto che resterà come la più bella e
grande vittoria al di là di qual si voglia successo sportivo: più di uno
Scudetto o di una Champions League. Cosa tra l’altro, comprovata dalle
manifestazioni di solidarietà e riconoscenza che gli sportivi e i tifosi
avversari mostravano nei confronti della Murese ogni qual volta la
squadra scendesse in campo.
La Murese continuò il suo cammino portando a termine la stagione
sportiva, classificandosi al 15° posto. Gli anni che seguirono per i
cittadini di Muro furono anni molto difficili, dopo il terremoto la ripresa
soprattutto economica fu lenta e pur tra mille problemi il G.S. Murese
non si arrese iscrivendosi regolarmente ai campionati. Nella stagione
sportiva 1981/82 partecipa al campionato di Promozione nonostante le
oggettive difficoltà, prima fra tutte quella del campo sportivo non ancora
reso agibile. Gli anni successivi a Muro Lucano si avvierà la fase della
ricostruzione, nel frattempo in attesa del ripristino del Rigamonti la
Murese sarà impegnata nella stagione sportiva 1982/83 e 1983/84 in
Prima Categoria. Con il ritorno sul proprio terreno amico nella stagione
successiva 1984/85 la squadra nonostante le tante difficoltà raggiungerà
il primo posto in classifica a pari punti con il Picerno che si aggiudicherà
lo spareggio al Viviani di Potenza .
Questo però non comprometterà il passaggio di categoria alla Murese in
quanto la F.I.G.C. ritenne doveroso riammettere di diritto la squadra nel
campionato di Promozione. Così riportava il Corriere dello Sport in un
articolo a commento della decisione federale:
“ Il passaggio in Promozione della Murese non è un fatto da poco, come
tiene a sottolineare lo stesso presidente del Comitato Regionale Lucano
della F.I.G.C. il Prof. Agostino Telesca che dice ( nella motivazione):
> Nonostante le ferite inflitte dal terribile sisma del 23 novembre ’80
Muro Lucano, comune ritenuto disastrato a seguito degli enormi danni
subiti, ha saputo risorgere e ricostruire. In un primo momento ha fatto da
spola su diversi campi della provincia e su quello di Picerno per le gare
interne, poi la squadra ha ripreso il suo cammino sul terreno amico reso
agibile grazie all’ordinanza 80, ma anche e soprattutto per la solerzia e
l’impegno fattivo e costante del suo Presidente e dirigenti che dopo il
sisma, vedevano nel giuoco del calcio una delle poche
espressioni per aggregare e dimenticare quei terribili giorni susseguenti
all’ormai storico 23 novembre 1980. > ”
Seppur tra mille difficoltà quei momenti terribili furono lasciati alle
spalle e a coronamento dei risultati sportivi, al Presidente Antonio
Autunno verrà assegnata, dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, la
stella d’oro e il diploma di benemerenza ,con la motivazione: “Per i
lunghi anni di presidenza del G. S. Murese. Riconoscimento dei sacrifici
e della passione profusa per decenni alla guida di una società sportiva”.
Premiazione che ebbe luogo il 14 Gennaio 1984 nell’Hotel Parco dei
Principi in Roma, nella persona dell’allora Presidente Antonio Mattarese.
Gli anni che seguirono videro la Murese sempre a testa alta nel
campionato di Promozione Lucana che all’epoca era il massimo
campionato regionale.
La formazione tipo di quegli anni era così composta: Lepore, Santoro e
Cardone, Robertazzi, Lapenna e Parrillo, Altieri, Remollino, Baioli,
Giosa e Cardone.
Nella stagione 1985/86 la forte compagine murese si classificò al 2°
posto e si aggiudicò il Titolo Regionale (oggi Coppa Italia) che
permise ai biancorossi, di passare il turno alla fase nazionale dove venne in seguito
eliminata dal Gaeta, fortissima formazione laziale.
La Murese con il piazzamento in campionato ottenne anche la possibilità
di essere ammessa all’Interregionale (serie D) ma rinunciò , in quanto la
Società non se la sentì di affrontare un campionato sicuramente molto
oneroso che non consentiva, in quel momento, alla Società di esporsi
economicamente più di tanto, lasciando il suo posto all’Invicta Potenza.
Negli anni successivi la società si consolidò e i risultati furono sempre
all’altezza della situazione, vari furono i ragazzi e i calciatori che si
alternarono in quel periodo ed è quasi impossibile ricordarli tutti, una
delle formazioni tipo che si ricorda maggiormente guidata da un esperto e
bravo allenatore come Mario Cutro era composta da: Galdo, Salerno,
Lapenna, Deno, Citro, Santaniello, Fortunato, Vaccaro, De Dominicis,
Fiorillo, Deboli.
Questi furono i piazzamenti ottenuti nel girone di Promozione Lucana:
Stagione sportiva 1986-87 al 9° posto; nel 1987-88: 4° ; nel 1988-89:
11°; nel 1989-90 al 15° posto e nel 1990-91 ancora al 4° posto e
passaggio in Eccellenza.
Siamo nella stagione sportiva 1991/92, al primo anno di Eccellenza,
quando dopo un avvincente campionato la forte squadra murese a
novanta minuti dal termine viene raggiunta in vetta alla classifica da un
coriaceo Vultur Rionero. I vulturini superando il Tricarico nella
penultima giornata di campionato conclusero l’inseguimento ai biancorossi,
mentre a fermare la corsa della Murese fu il Policoro che lottava
per non retrocedere. Così, V. Rionero e Murese si ritrovarono nell’ultima
giornata di campionato al primo posto in classifica entrambi con 45 punti.
Molti furono i rimpianti per i punti persi dalla Murese nel girone di
andata che avrebbero potuto sancire addirittura in anticipo una agevole
promozione. Ma sta di fatto che proprio nell’ultima giornata di
campionato il calendario metteva di fronte Murese e Vultur e pertanto la
gara si rivelò un vero e proprio spareggio per la promozione
all’Interregionale.
Le cifre d’altronde parlavano chiaro: stessi punti in classifica, l’andata era
finita in parità 1 a 1, entrambi avevano all’attivo 66 reti fatte, mentre
quelle subite erano 24 per la Murese e 20 invece per il Vultur.
Praticamente erano di fronte le due migliori squadre e con lo stesso
ruolino di marcia che si dovevano contendere il passaggio
all’Interregionale in soli 90 minuti di giuoco.
A Muro Lucano l’incontro era molto sentito dalla tifoseria bianco-rossa,
anche per il trattamento non proprio ospitale riservato dai tifosi rioneresi
nella gara di andata.
Con queste premesse, il 26 Aprile 1992 alle ore 16,00 sul verde tappeto
erboso del Rigamonti con gli spalti gremiti all’inverosimile, scesero in
campo in un tesissimo incontro le due prime in classifica.
Da Rionero giunse al Rigamonti una moltitudine di gente tale da rendere
inefficaci le misure adottate dalle forze dell’ordine che non avevano
previsto un così grande afflusso di sostenitori ospiti. Tanta era la bolgia
che i volontari e i Carabinieri situati all’ingresso non riuscirono a
limitare l’ingresso ai soli possessori dei biglietti. La marea di gente
venuta da Rionero invase gli spalti oltrepassando e abbattendo ogni
barriera di sicurezza.
Così sotto la direzione arbitrale di una terna tutta Toscana: arbitro il Sig.
Maselli di Lucca con gli assistenti Antonioli di Prato e Velullo di Siena; si
affrontarono le due formazioni con questi schieramenti, Murese: Appiso,
Lantini, Festevole, Fedeli, De Luca, Izzo, Dragani, Spina, Langella,
Cacace, Cirillo. A disposizione: Fezzuoglio, Lambiase, Corleto.
Allenatore Apuzzo.
Vultur Rionero: D’Onofrio, Di Pascale, Masciopinto, Spadierno, Sisto,
D’urso, Della Monica, Lo Sacco, Saccomanni, Ianneci, Di Venere.
A disposizione: Caputo, Cannone, Placido, Cassese.
Allenatore Sisto.
Purtroppo momenti di forte tensione si registrarono sulle gradinate tra le
due tifoserie, prima, durante e dopo la gara, tensione che la compagine
bianco-rossa non seppe gestire in campo a dovere, il nervosismo
contagiò la squadra e risultò poi determinante per l’esito finale.
Al 7° del primo tempo il Vultur Rionero passò in vantaggio con D’Urso,
che sfruttando un calcio d’angolo mise, con un pallonetto da fuori area, la
sfera alle spalle di un disattento Appiso. La reazione della Murese non si
fece attendere e con una bella azione in velocità, tutta di prima, al 16°
ottenne il meritato pareggio con Cirillo, chiudendo la prima parte della
Muro Lucano, 26/04/1992:alcune immagini delle due tifoserie al Rigamonti
gara in parità. Ma rientrati in campo per il secondo tempo il Vultur
Rionero, ad appena 50 secondi dal fischio dell’arbitro, sfruttò
l’impreparazione nello schieramento dei muresi e si portò cinicamente in
vantaggio con Saccomanni.
La reazione dei padroni di casa non fu quella sperata come nel primo
tempo e così con il nervosismo alle stelle, anche per le diverse
interruzioni causate dalle intemperanze dei tifosi, la gara terminò con il
punteggio di 2 a 1 in favore del Vultur Rionero che si aggiudicò così il
passaggio all’Interregionale (Serie D).
Fu una sconfitta amara, difficile da smaltire per come era avvenuta e per i
dubbi che non furono mai del tutto fugati sull’atteggiamento tattico della
squadra e in particolar modo sul comportamento di alcuni giocatori
bianco rossi . Ma sta di fatto che la Murese, nonostante il superiore
valore tecnico dimostrato in campo e con tutti i pronostici a suo favore,
vide svanire quella promozione in un campionato semi professionistico
che avrebbe ripagato il lavoro e l’impegno della Società fatto in tutti
questi lunghi anni.
Gli anni che seguirono videro il Gruppo Sportivo Murese difendere
onorevolmente il proprio blasone. Nella stagione sportiva 1995/96 il
Presidente e fondatore Antonio Autunno ritenne, anche per motivi di
salute, di lasciare la presidenza e di dare spazio ai giovani. Così
nominato Presidente Onorario gli subentrò alla guida del sodalizio un
giovanissimo Angelo Zaccardo, vice Presidente Domenico Zaccardo e
Segretario Carmine Partini, Consiglieri: P. Pucillo, G. Galante, Damiano,
Ceci, Casarolo, Lamorte. Nella successiva stagione sportiva 1996/97
viene eletto Presidente Giuseppe Cerone con i Consiglieri Carmine
Partini, Gigino Altieri, Domenico Zaccardo, Pasquale Pucillo e Gerardo
Casarolo. Nella stagione sportiva 1997/98 il Presidente sarà Canio
Carlucci, vice Presidente Domenico Zaccardo segretario Gigino Altieri,
Cassiere Antonio Remollino, Consiglieri Carmine Partini, Ninì Gentile e
Mangone.
Questa sarà purtroppo l’ultima stagione sportiva del glorioso “Gruppo
Sportivo Murese”, che terminato il campionato di Eccellenza al 9° posto
in classifica si vedrà costretta a fine stagione, anche in seguito alla grave
crisi finanziaria del sodalizio, ad ammainare bandiera e cessare ogni
attività.
“C’era una volta il Muro Lucano. (così scriverà nel 2001, Pino Gentile24
nell’antologia del calcio lucano intitolato : LO SPORT LUCANO fra
amarcord e presente): Squadra bella a vedersi, capace di suscitare
emozioni, scuotere l’ambiente con in testa il suo mitico presidente
Antonio Autunno, autentico pioniere di un sodalizio, che ha fortemente
inciso, per tanti anni, sulla realtà sociale e sportiva di Muro Lucano e
dintorni. Una storia intrisa di successi, gioie immense, dolori e anche
di più. Ma anche di immancabili delusioni, culminate con la scomparsa
della società di Autunno e gli altri dalla scena calcistica regionale”.
Si chiude un ciclo e con esso un periodo con cui si è fatta la storia
calcistica a Muro Lucano .
Ma per fortuna con la gloriosa Murese non termina, come è giusto che
sia, il calcio a Muro Lucano. Altre realtà, altri uomini e giovani talenti si
affacceranno sulla scena sportiva negli anni e si impegneranno portando
avanti quegli ideali dello sport che il presidente Autunno ha sempre
tenuto con se', con il suo modo di essere autentico e leale.
Oggi il Presidente, o meglio “Zio Antonio” (come viene ancora chiamato
dagli sportivi) è un giovane di 90 anni che vive il calcio ancora con la
stessa intensità e passione di settanta e più anni fa. La Murese è nel suo
dna, e il calcio è la sua medicina, quando può, come dice lui: “quando il
tempo è bello”, lo si vede ancora al Rigamonti, a sostenere e condividere
(sempre in piedi o passeggiando) le vittorie e le sconfitte dei “ragazzi”
24 Noto giornalista potentino, ha firmato numerosissime pubblicazioni sullo sport
lucano. Ha collaborato inoltre con i quotidiani: Il Mattino, La Gazzetta del
Mezzogiorno, La Gazzetta dello Sport, corrispondente del quotidiano Tuttosport
e Autosprint, nonché fondatore dei settimanali lucani: il Nuovo Corso, Tribuna di
Basilicata e Il Corriere Lucano.
con quelle stesse maglie e quei colori, bianco-rossi, che sono e saranno
sempre nel suo cuore.
Questo racconto non vuole sicuramente essere un atto celebrativo ma una
semplice testimonianza di un percorso umano e sportivo di chi ha
affrontato con passione e serietà il suo impegno, sempre a testa alta con
lealtà e moralità.
Nello stesso tempo, recuperare la memoria storica è un elemento
importante ed è il primo passo per capire il presente e poter affrontare
nuove sfide. La storia ci insegna che ha futuro chi ha radici profonde e
solide, ed è proprio grazie all’attività di tutti quegli uomini che, per
qualche anno o per una vita intera, hanno condiviso i valori dello sport a
Muro Lucano, che il presente potrà continuare nella realizzazione di quel
progetto iniziale, creando una realtà in grado di superare con successo i
grandi cambiamenti dello sport inserito in un più ampio contesto della
vita sociale.
Pertanto lo sguardo e l’impegno va rivolto al futuro, in particolar modo
verso i giovani muresi, che dovranno dimostrare nella tradizione e con
tutto il loro talento, di poter raggiungere i massimi traguardi e portare
sempre in alto, sia in campo che fuori, il nome di Muro Lucano.